Numeri by Umberto Bottazzini

Numeri by Umberto Bottazzini

autore:Umberto , Bottazzini [Bottazzini, Umberto]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: La cultura scientifica, Intersezioni
ISBN: 9788815322609
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2015-10-14T22:00:00+00:00


FIG. 5.1. Simboli numerici indiani (II secolo a.C.).

FIG. 5.2. Simboli numerici Gupta (IV secolo d.C.).

FIG. 5.3. Simboli numerici Nagari (XI secolo d.C.).

Solo nei Shu Shu Chiu Chang (Metodi matematici in nove capitoli), un’opera composta nel 1247, compare per la prima volta in Cina lo zero nella forma di un piccolo cerchio e, significativamente, insieme allo zero anche l’uso di numeri positivi (distinti dal carattere rosso) e di numeri negativi (in carattere nero). Sembra tuttavia che la prima allusione alle «figure degli Indi» al di fuori dell’India sia dovuta al vescovo Severo Sebokht, originario di Nibisis in Siria, che viveva in un convento sulle sponde dell’Eufrate. In un frammento di un suo manoscritto del 662 Sebokht descrive le raffinate scoperte astronomiche degli Indiani, i loro metodi di calcolo e la loro «arte nel computo che va oltre ogni descrizione. E tutto ciò viene fatto con nove segni».

A quell’epoca, in India i matematici non solo impiegavano da tempo un simbolo speciale per lo zero, ma si erano resi conto delle sue proprietà fondamentali quando si fanno operazioni aritmetiche. Verso il 525, nel suo commento all’Āryabhatīya di Āryabhaṭa I, Bhāskara I aveva presentato l’aritmetica decimale, e nel 628 Brahmagupta aveva trattato le proprietà dello zero, definito il risultato dell’operazione a – a = 0, e aveva mostrato che a × 0 = 0 e anche 0 × 0 = 0. Le cose si complicavano quando si considerava un numero diviso per zero. Anche un grande matematico come Brahmagupta si sbagliava nel ritenere che la divisione di un numero per zero avesse un qualche valore determinato (pur non sapendo dire quale), e che «cifra diviso cifra è nulla», come diranno i traduttori medioevali del suo testo chiamando «cifra» lo zero.

«In una ragione [rapporto] che ha cifra per denominatore, non havvi verun cangiamento, per grande [sia] la quantità che aggiungasi o cavasi, ché niuna chosa può alterare l’infinito e immutabile Iddio», dirà secoli dopo il grande astronomo Bhāskara II nel suo Bīya-gaṇīta qui citato nella traduzione medioevale che sostituisce il Dio dei cristiani all’originario Viṣṇu. Con quella metafora divina Bhāskara II intendeva forse dire che un numero diviso per zero dà infinito? La cosa è quantomeno dubbia, poiché nelle soluzioni di problemi che compaiono in successive parti di quell’opera egli sembra invece ritenere erroneamente che una quantità finita, moltiplicata e, al tempo stesso, divisa per zero sia ancora una quantità finita, ossia in simbolismo moderno (a × 0)/0 = a = (a/0) × 0. Comunque sia, prima di arrivare nelle mani dei traduttori nell’Europa medioevale i testi sulle «figure degli Indi» compiranno un viaggio di secoli lungo le sponde del Mediterraneo.



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